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Le Corbusier nel 1929 progettò delle curiose abitazioni, le Case Loucheur . Il progetto non è stato realizzato, ed è uno degli emblemi della sua concezione sull’architettura come “macchina da abitare” , nonché formulazione dei suoi “5 principi” (pilotis, finestre a nastro, pianta libera, facciata libera, tetto giardino). Infatti, nei disegni sulle Case Loucheu si riconoscono: la scelta di innalzare il piano di abitazione sui pilastri (al piano terra un piccolo vano centrale racchiude solo alcuni servizi), l’uso delle finestre a nastro che percorrono l’intero prospetto laterale e l’applicazione del principio della pianta libera.
Il progetto si costituisce di un blocco contenente due unità abitative accessibili attraverso una scala esterna e separate da un muro in pietra, che doveva essere di sostegno nel caso in cui fosse preferito realizzare una sola unità abitativa o avere la funzione di spartifuoco tra le due unità. L’intera abitazione doveva essere “prefabbricata”, ovvero costituita da elementi (dalle rifiniture agli accessori interni) prodotti in fabbrica e montati in breve tempo sul posto.
A proposito del principio della “pianta libera”, è da notare come, in questo progetto le pareti divisorie sono quasi inesistenti, le uniche concretamente segnate nei disegni di Le Corbusier sono quelle che delimitano il bagno. Gli altri ambienti sono delimitati dall’arredo, esso in gran parte è mobile, mutevole. Un pannello scorrevole apre alternativamente la camera da letto o la cucina, gli armadi, forse sormontati da pannelli in vetro (come dedotto dagli studi qui proposti) dividono la zona giorno dalla zona notte. Lo spazio destinato alla zona notte consente di articolare lo spazio in maniera diversa a seconda delle esigenze: durante il giorno i letti si racchiudono in mobili progettati appositamente lasciando ampio spazio per i giochi o lo studio; lo spazio è ulteriormente divisibile, all’occorrenza in due camere grazie a un complesso sistema di pannelli mobili.
La ricostruzione tridimensionale qui proposta ha permesso di immaginare compiutamente uno spazio e delle soluzioni architettoniche mai realizzate, studiando i pochi disegni giunti fino a noi. Si tratta di un’ipotesi che ha cercato di interpretare al meglio le documentazioni analizzate. Divertente è stata la comprensione dei meccanismi che all’interno del progetto avrebbero consentito di variare lo spazio a seconda delle esigenze. La rappresentazione tridimensionale dello spazio, articolato principalmente dagli elementi di arredo, ha consentito di studiare e provare virtualmente alcuni meccanismi tra i più “astrusi” rappresentati nelle piante originali, quali la trasformazione del mobile sulla parete in letti dividendo lo spazio in due camere.
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