La gonna di Baubò

La presentazione del libro di Dario La Mendola, docente presso l'Accademia di Belle Arti "Michelangelo" di Agrigento, è stata un'interessante occasione per riflettere su molti temi che riguardano il mondo contemporaneo e il rapporto tra uomo e natura. Esaminando le riflessioni contenute nel saggio abbiamo immaginato la natura come un teatro nella quale essa mette in scena se stessa mentre l'uomo sta in platea ad osservare, traducendo tutto ciò che questa “farsa” gli trasmette, attraverso le sue emozioni. Traspone, quindi, le sue sensazioni attraverso tutte quelle esternazioni del pensiero umano che unite al saper fare diventano arte. Tra le pagine, l'autore ci svela una cruda verità: “l’essere umano è causa negativa di tutto” e all'interno dell'ecosistema non ha nessun ruolo, è insignificante a differenza di un lombrico piuttosto che di un insetto o dei batteri. 

L'uomo, però, capace di interagire con la natura è responsabile di molte azioni dannose e l'arte deve saper rimediare! L'invito e la riflessione che vengono rivolti al lettore è che l’arte di oggi debba essere UTILE. L’arte deve tradursi in capacità di rispondere alla richiesta di aiuto del pianeta, innanzi alla quale non si può ancora restare inermi, storditi dal trash! Il trashendentale, parodia del trascendentale filosofico che indica ciò che è al di là della realtà empirica, è invece fatto di vacui desideri che ci distraggono dalla vera realtà, come quando rivolgiamo tutta la nostra attenzione al mondo racchiuso nei social network e in uno smartphone o, peggio, guardiamo incantati un reality.

Il dibattito con l'autore, condotto da un architetto, ha cercato di indagare quale ruolo può avere, in questo contesto, la creazione umana che chiamiamo architettura. Cospossiamo trarre di buono dalle nostre capacità, dalla scienza e dalla tecnologia che nei secoli abbiamo raggiunto? 

La progettazione architettonica come creazione dell'uomo e a servizio dell'uomo, nasce fin da quando egli si distacca dalla natura, quando, insoddisfatto della vita sugli alberi e nelle caverne, ha iniziato a desiderare un riparo più confortevole. L'architettura è quell'arte che nel tempo ha divorato gli spazi verdi per costruire città affollate e grattacieli e adesso, conscia del danno che l'uomo è capace di arrecare alla natura, tenta di rimediare. Abbiamo da poco visto l'approvazione della nuova legge urbanistica regionale (L.R. n. 19/2020) nella quale viene posto per la prima volta l'obiettivo della riduzione del consumo di suolo, proponendo il raggiungimento del “saldo zero” entro il 2050 (in linea con le indicazioni Europee). E se questo, da un lato, è il contributo degli urbanisti, dall'altro la produzione dell'architetto è sempre di più rivolta al rispetto della natura, c'è una sempre più crescente ricerca verso materiali ecosostenibili, riciclabili o che riducano i rifiuti; sperimentiamo quotidianamente tecnologie volte alla riduzione dei consumi energetici e all'uso di fonti rinnovabili. E' questo per noi architetti l'ecodesign

La creatività umana, è arrivata anche a trarre qualcosa di utile dallo stesso inquinamento. Vi cito un esempio: Tejas Sidnal è un architetto indiano (fondatore della startup Carbon Craft Design di Mumbai) che è riuscito a mettere a punto un sistema per trasformare le emissioni di carbonio in piastrelle. Il dispositivo inventato, chiamato “AIR-INK” è in grado di estrarre l’anidride carbonica dall’aria e combinarla con una miscela di trucioli di marmo in polvere per creare piastrelle di design.  

Eppure la visione cruda e pessimistica che trapela dalle pagine dell'autore sembra però terminare, senza speranza in una rassegnazione: “Anche dopo gli incendi, i più terribili, anche dopo le cascate di rifiuti, e i peggiori disastri ambientali, la Terra ci sarà. Gli assenti, per il bene della Terra – ops! – per il bene della vita, saremo noi”.

Una riflessione che non può non scuotere le nostre coscienze! 

Accosterei, alla visione dell'autore di La gonna di Baubò, le parole di un grande della letteratura italiana: Giacomo Leopardi. Egli, nel 1824, diede voce alla Natura in Dialogo della Natura e di un Islandese (Operette Morali) scrivendo così: 

"Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?  Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei."

 

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